bProtocollo ALI bozza versione 11.10.2023

https://cspace.spaggiari.eu//pub/MIME0331/VERBALI%20E%20CONVOCAZIONI/Bozza%20Protocollo%20Ali%2011%20novembre%202023.%20Ver.%2011.10.2023.docx

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PROTOCOLLO

 

 

 

 

 

INTESA SULLA TUTELA DEI MINORI

 

 

TRA

 

 

LE SCUOLE E LE AMMINISTRAZIONI COMUNALI DELLA PROVINCIA DI MONZA E DELLA BRIANZA

 

1

 

27 novembre 2021

Bozza Protocollo Ali 11 novembre 2023. Ver. 3.10.2023

 

Nota redazionale sul documento “Bozza Protocollo Ali  11 novembre 2023. Ver.3.10.2023” in ordine alle proposte delle modifiche da apportare al testo del Protocollo Ali 27 novembre 2021.

 

L’allegato documento, denominato “Bozza Protocollo Ali  11 novembre 2023. Ver.3.10.2023” è il frutto di riflessioni, riunioni  e decisioni assunte nel corso di cinque mesi, da parte della  Commissione di Coordinamento, della Sottocommissione per le modifiche e del Comitato di Gestione di Rete Ali.
Si riporta la cronologia del percorso effettuato fino alla data odierna ed alcune note illustrative delle convenzioni adottate, per evidenziare i cambiamenti testuali.

Cronologia del percorso.

1.       3 maggio 2023. La Commissione di Coordinamento e Monitoraggio istituisce la sottocommissione per le modifiche del Protocollo Ali, sulla base delle riflessioni maturate a seguito delle innovazioni legislative (Riforma Cartabia) e delle azioni di verifica sviluppate per evidenziare i livelli di coerenza tra i contenuti del protocollo e le pratiche adottate.

 

2.       12 luglio 2023. La Sottocommissione luglio formula proposte di modifica dell’art.8.

 

3.       5 settembre 2023. Il Comitato di Gestione approva   le proposte, inserendo integrazioni.

 

4.        26 settembre 2023. Il Comitato di Gestione approva la bozza “ver.26.09.2023”, che viene inviata alla Commissione di Coordinamento.

 

5.        3 ottobre. La commissione di Coordinamento approva la versione 26.09.2023 e aggiunge ulteriori cinque emendamenti, introducendo in Premessa il riferimento al programma P.I.P.P.I.,  modificando gli articoli 1, 6, 8.
Il testo, con la denominazione “Bozza Protocollo Ali  11 novembre 2023. Ver.3.10.2023”  verrà portato alla Conferenza di Servizio della Rete Ali, allargata alla partecipazione delle scuole statali e non statali non aderenti alla Rete Ali.

Il processo per giungere alla elaborazione del testo definitivo, alla data odierna, prevede ancora due importanti passaggi:

6.       11 ottobre 2023- Approvazione da parte della Conferenza di Servizio della Rete Ali “allargata”.

 

7.       11 novembre 2023. Approvazione   in sede di Conferenza Biennale, con la partecipazione dei rappresentanti delle scuole statali e non statali e dei 55 Comuni della Provincia di Monza e Brianza.

 

Convenzioni adottate per evidenziare gli emendamenti proposti.
Nel documento viene riportato il testo vigente del Protocollo Ali del 27 novembre 2021 con parti “barrate” e parti “sottolineate”.
Le parole di cui si chiede l’eliminazione sono evidenziate con caratteri “barrati” .
Le parole di cui si chiede l’aggiunta sono evidenziate con caratteri “sottolineati”
L’art.8, rispetto al testo precedente, è stato ampiamente esteso e revisionato.

La “Appendice” non ha subito alcuna modifica, in attesa di una “stabilizzazione” del quadro normativo, per cui non viene riportata nel documento allegato.

Si ringrazia quanti vorranno collaborare con osservazioni e suggerimenti migliorativi del testo.



 

 

 

 

 

 

NOTA STORICA

Il "Protocollo Ali per l'infanzia", sottoscritto per la prima volta il 17 marzo 2005 da 30 Scuole e da 17 Comuni, è nato da un lavoro di confronto tra operatori sociali, referenti degli enti locali, assistenti sociali, dirigenti scolastici, al fine di coordinare le azioni da assumere nei casi di tutela dei minori.

La sensibilizzazione delle scuole prese avvio nell’a.s. 1998-1999, quando l'ASL Milano 3 organizzò, per la prima volta corsi di formazione sulle tematiche del maltrattamento e dell'abuso sessuale verso i minori, rivolti a docenti, dirigenti scolastici, assistenti sociali ed operatori dei servizi sanitari del territorio della provincia di Monza e Brianza.

Fu allora che le scuole si costituirono nella "Rete Ali per l'Infanzia e l'Adolescenza".

Negli anni successivi, le innovazioni normative, i mutamenti degli assetti organizzativi degli enti pubblici territoriali e le riflessioni sulle esperienze maturate nel corso del tempo, hanno indotto il Comitato di Gestione della Rete Ali, che nel frattempo ha visto aumentare da 30 a 48 84 il numero delle istituzioni scolastiche aderenti, ad avviare la redazione di un nuovo testo del “Protocollo Ali”, per essere più vicino agli operatori nella quotidiana opera di tutela dei minori.

A partire dalla presente stesura i firmatari attribuiscono al testo del “Protocollo Ali ” il ruolo di raccolta di linee guida concordate e condivise nell’ambito delle istituzioni, della provincia di Monza e Brianza. L’adesione al protocollo non comporta l’obbligo per le istituzioni scolastiche di associarsi anche alla “Rete ALI per l’infanzia e l’adolescenza” e può avvenire sia individualmente, sia costituendo ulteriori reti territoriali.

Nelle pagine che seguono viene presentato il testo approvato dalle istituzioni scolastiche e dagli enti locali in data 27 novembre 2021.11 novembre 2023.

 

1.      PREMESSA

La tutela dei minori è finalizzata a garantire l’esercizio dei diritti a loro riconosciuti, quali il diritto di cura, di crescita e di sviluppo armonico, di rispetto della propria identità e delle proprie inclinazioni, il diritto all’ascolto, ma garantisce anche la prevenzione di un eventuale disagio.

Lo scopo primario, in sostanza, è quello di agevolare la crescita dei minori in un ambiente familiare e scolastico che sia adatto al loro sviluppo, sia dal punto di vista fisico sia dal punto di vista psicologico ed emotivo. La tutela dei minori può essere effettuata secondo modalità differenti, in base alle situazioni di rischio e pregiudizio individuate.

Ci possono essere situazioni riferibili a reati procedibili d’ufficio, a situazioni di esacerbazione della conflittualità che si riverbera sui minori, a minori che commettono reati o minori che agiscono condotte devianti e si mettono in situazioni di rischio e pregiudizio.

 

I segnali di disagio e le richieste di aiuto da parte del minore sono spesso raccolti, in prima istanza, dagli insegnanti e dagli operatori dei servizi scolastici ed educativi, pubblici e privati, che vengono a contatto con il minore nel suo percorso di crescita.

Pertanto è auspicabile che siano diffuse anche presso i servizi scolastici ed educativi le conoscenze necessarie a riconoscere, rilevare e raccogliere tempestivamente le richieste di aiuto, nonché i riferimenti necessari per attivare in tempi brevi, attraverso il coinvolgimento degli operatori sociali e sanitari competenti, un percorso di approfondimento della situazione e le misure di protezione eventualmente necessarie.

I servizi sociali del territorio sono chiamati a assicurare risposte di tutela della salute psicofisica del minore;

 

sono tenuti a attivare, in maniera integrata, le misure di tutela, presa in carico e sostegno del minore durante tutto il procedimento, comprese eventuali iniziative disposte dall’Autorità Giudiziaria competente, nonché quelle conseguenti e successive agli esiti del procedimento stesso.

Ove si riscontri uno stato di pregiudizio sul minore, si auspica un intervento integrato tra scuola e servizi al fine di offrire un pronto supporto adeguato alle famiglie che versano in situazioni di difficoltà.

Le prestazioni di tipo socio-assistenziale al minore e alla famiglia potranno essere integrate con quelle di tipo educativo nell’ottica di intervento "globale" della rete dei servizi, che assicuri risposte tempestive ai bisogni emergenti, valorizzando le risorse e l'apporto delle diverse professionalità coinvolte, evitando la sovrapposizione delle iniziative e attivando una presa in carico tempestiva del nucleo familiare.

(*) In coerenza con i motivi esposti, gli Enti aderenti al Protocollo Ali per l’Infanzia e l’Adolescenza condividono pienamente il Programma nazionale di Intervento per la Prevenzione dell’Istituzionalizzazione (P.I.P.P.I.) implementato in numerose realtà italiane fin dall’anno 2013, con il coordinamento del Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali, perché ritengono che possa offrire a tutti gli operatori una visione più ampia rispetto agli interventi programmati a favore del singolo minore o della sua famiglia.

L’adesione al Programma P.I.P.P.I. consente di affermare la finalità di innovare e uniformare le pratiche di intervento nei confronti delle famiglie in situazione di vulnerabilità e negligenza, al fine di prevenire il rischio di maltrattamento e il conseguente allontanamento dei bambini dal nucleo familiare.

 

2.      REFERENTE DELLA SCUOLA E SUE FUNZIONI

Presso ogni Istituzione Scolastica viene nominato dal Dirigente Scolastico un docente quale referente della Scuola sulla tematica della tutela dei minori.

Il docente referente ha il compito di agevolare la circolazione dell’informazione presso i colleghi, di avviare iniziative specifiche di studio, di offrire una prima consulenza ai colleghi che si trovino nella condizione di dover formulare una segnalazione in ordine alla tutela dei minori; opera al fine di favorire il miglior raccordo con i Servizi di tutela minori, la Scuola e altri Servizi, promuovendo insieme ai colleghi di altre Scuole, iniziative di sensibilizzazione e di formazione.

 

3.      REFERENTE DEL COMUNE E SUE FUNZIONI

Presso le Amministrazioni Comunali viene individuata la figura del referente istituzionale in materia di tutela dei minori, con il compito di valorizzare tutti gli operatori e le risorse esistenti, al fine di facilitare il coordinamento tra i Servizi coinvolti e di garantire consulenza e informazione alle Scuole, avvalendosi anche delle figure interne alla scuola individuate dal Dirigente Scolastico.

In particolare il referente istituzionale, o chi da lui delegato, promuove nel territorio di competenza la costruzione di una rete di servizi e operatori che possa agevolare lo scambio di informazioni, dati ed esperienze.

Il team di lavoro, costituito dall’assistente sociale e dallo psicologo e, ove presente, dallo psicopedagogista, ha la funzione di supportare e agevolare la diffusione delle procedure e la formazione specifica di tutti gli operatori coinvolti.

Per quanto riguarda la specificità territoriale dei Comuni, la figura del referente istituzionale corrisponde all’operatore interlocutore diretto (delegato alla funzione dal Sindaco pro tempore) o al Responsabile del Servizio di Tutela minori. I riferimenti completi indicativi delle specificità comunali territoriali sono in appendice e verranno verificati ogni   anno.

4.      OBBLIGO DI INFORMAZIONE PREVENTIVA

Nel caso in cui il docente rilevi l’eventuale esistenza di fatti coinvolgenti un alunno, è tenuto a dare tempestiva informazione al Dirigente Scolastico, che nel caso ravvisi gli elementi di un reato procedibile d’ufficio, deve inoltrare senza indugio la segnalazione all’autorità giudiziaria competente. Il Dirigente Scolastico deve altresì restituire al docente, tramite rimando formale, l’avvenuta trasmissione.
Il docente deve verificare la trasmissione all’Autorità giudiziaria da parte della scuola, in quanto la responsabilità è personale e pertanto, nel caso in cui il dirigente non abbia provveduto all’invio, deve provvedervi lo stesso docente.

 

5.      RILEVAZIONE CON ELEMENTI DI CHIARA EVIDENZA

In tali situazioni (reati procedibili d’ufficio) il Dirigente Scolastico o, in caso di sua omessa attivazione, il docente personalmente, è tenuto a effettuare tempestivamente una segnalazione diretta, come previsto dalla normativa vigente, alle Autorità Giudiziarie competenti (Procura della Repubblica del Tribunale Ordinario e Procura della Repubblica del Tribunale dei Minorenni).

Il Dirigente contestualmente informa per iscritto il referente del Comune della segnalazione in corso, perché provveda a sua volta a attivare la procedura di tutela.

Il Servizio Tutela Minori, se in possesso di altre informazioni utili sul caso specifico, provvederà a integrare la segnalazione con una propria relazione alle Autorità competenti, al fine di consentire una più mirata tutela del minore.

 

6.      RILEVAZIONE CON ELEMENTI DI DUBBIO

(che inducono a ipotizzare una situazione di grave rischio)

 

La Scuola, attraverso il Dirigente Scolastico, avvia un primo contatto formale con il Servizio Tutela Minori, o con il pedagogista delegato dall’Ente, allo scopo di presentare la problematica riscontrata all’interno della scuola.

Nell’ipotesi in cui gli elementi forniti siano ritenuti dal Servizio Tutela Minori o dal pedagogista, sufficienti per realizzare una segnalazione diretta, questa dovrà essere inoltrata dal Servizio alle Autorità Giudiziarie competenti, così come previsto dalla normativa vigente o verrà data indicazione alla Scuola di procedere con l’invio. (**) L'eventuale parere fornito dal Servizio Tutela Minori non è da considerarsi vincolante per gli operatori della scuola.

(*) Nel caso in cui il Servizio Tutela Minori reputi opportuno un ulteriore approfondimento, verrà richiesto al concorda con il Dirigente Scolastico l'invio di una relazione integrativa circostanziata. Il Servizio, sulla base dei dati raccolti, compie una prima valutazione della situazione, informandone per iscritto la Scuola.

Durante questa fase di confronto gli operatori del Servizio e gli insegnanti si rendono disponibili a incontri finalizzati al monitoraggio della problematica esposta e a uno scambio di informazioni diretto.

Nel caso in cui la prima valutazione deponga per la necessità di interventi urgenti di tutela a favore del minore, il Servizio, in condivisione con la Scuola, individua in tempi brevi un percorso specifico secondo tre direzioni:

a)       orientare la Scuola alla segnalazione nei confronti delle Autorità Giudiziarie competenti;

b)      formulare o integrare la segnalazione alle Autorità Giudiziarie competenti, utilizzando anche il materiale informativo trasmesso dalla Scuola, nel caso in cui il Servizio disponga di altri elementi significativi da segnalare;

c)       promuovere un ulteriore approfondimento, qualora si reputi che la situazione non sia urgente e abbia le caratteristiche per poter pensare a un accesso spontaneo e consensuale da parte della famiglia. Anche in tal caso va garantito tra la Scuola e il Servizio Tutela Minori un adeguato scambio di informazioni. È comunque prevista una restituzione alla scuola da parte del servizio sull’evolversi della situazione.

(*) La famiglia può essere va resa partecipe e informata del coinvolgimento del Servizio o dell’invio della segnalazione all’Autorità Giudiziaria competente, fatta eccezione per i reati procedibili d’Ufficio (grave maltrattamento, abuso sessuale).

 

7.      RUOLO DEL DIRIGENTE SCOLASTICO

Il Dirigente Scolastico che si trova a dover affrontare un caso di sospetto pregiudizio o reato a danno di minore, segnalato da lui stesso o da altra fonte, dovrà garantire la massima collaborazione ai Servizi del Territorio e all’Autorità Giudiziaria:

1. mantenendo il più assoluto riserbo circa quanto appreso;

2. adottando ogni misura per garantire la massima riservatezza al minore e all’attività d’indagine in corso;

3. mettendo a disposizione della Polizia Giudiziaria inquirente, quando richiesto, nel corso degli orari scolastici locali il più possibile riservati e idonei all’ascolto di minori;

4. collaborando all’allontanamento del minore dalla famiglia da eseguirsi a scuola, ai sensi dell’art. 403

codice civile o per ordine dell’Autorità Giudiziaria previo accordo con i Servizi tutela minori intervenenti.

 

8. ADESIONE, MONITORAGGIO E AGGIORNAMENTO DEL PROTOCOLLO D’INTESA

8.1 ADESIONE AL PROTOCOLLO ALI

1. Al fine di testimoniare la condivisione autentica dei contenuti presenti nel protocollo, l'adesione al Protocollo Ali è considerata valida solo se sottoscritta, nel caso dei Comuni, dal Sindaco e, nel caso delle Scuole, dal Dirigente Scolastico dell’istituzione scolastica.

2. L’adesione al Protocollo Ali è riservata ai   Comuni e alle Istituzioni Scolastiche, pubbliche o paritarie, con sede nel territorio della provincia di Monza e Brianza, che si assumono l’impegno di seguire le specifiche procedure che costituiscono il Protocollo Ali.

3. L'adesione, da inviarsi all’Ente Capofila, è a tempo indeterminato. 

 

8.2 ORGANI DEL PROTOCOLLO ALI.  
Sono organi del Protocollo: 

La Commissione di Coordinamento e Monitoraggio;  

Il Presidente;

La Giunta Esecutiva;  

I Gruppi di Monitoraggio di Ambito Territoriale.  

 

8.3 LA COMMISSIONE DI COORDINAMENTO E MONITORAGGIO

1.      La Commissione di Coordinamento e Monitoraggio è composta dai rappresentanti degli Enti aderenti, quale strumento di dialogo tra i Comuni e le Scuole del territorio della Provincia di Monza e Brianza, nella gestione operativa ed associata degli interventi di tutela dei minori, per   condividere operativamente i contenuti espressi nel Protocollo Ali;

2.      Realizza il continuo monitoraggio del Protocollo Ali, anche tramite ricerche e studi;

3.      Richiama gli eventuali Enti inadempienti al rispetto di quanto sottoscritto;

4.      Provvede all’aggiornamento del testo, che diventa esecutivo in caso di approvazione all’unanimità dei componenti, anche in tempi differenti;

5.      Raccoglie le osservazioni di monitoraggio presentate dagli operatori delle istituzioni, al fine di preparare una conferenza biennale tra i firmatari del Protocollo d'Intesa, per esaminare insieme i nodi problematici evidenziati e per formulare eventuali revisioni del testo medesimo.

6.      È composta da 21 rappresentanti degli enti aderenti della Provincia di Monza e Brianza, nella misura di dieci per le Scuole e dieci per i Comuni, a cui si aggiunge un membro di diritto, con funzione di Presidente; 

7.      I rappresentanti delle Scuole sono eletti nella conferenza di servizi tra i dirigenti scolastici delle Scuole aderenti;

8.      I rappresentanti dei Comuni, per ciascun Ambito Territoriale, sono il Presidente dell’Assemblea dei Sindaci (o un suo delegato) e il Responsabile dell’Ufficio di Piano (o un suo delegato).

9.      La presidenza della Commissione spetta al Rappresentante Legale dell’Ente Capofila, individuato nell’Istituto Comprensivo “Stoppani” di Seregno, fino a revoca da parte della Commissione, con delibera approvata all’unanimità dei componenti;

10.  La Commissione di Coordinamento e Monitoraggio può istituire gruppi, tavoli di lavoro, di studio, sottocommissioni, al fine agevolare l’elaborazione di atti e relazioni.

11.  È convocata, di norma, almeno una volta l’anno e ogniqualvolta sia formulata motivata richiesta da parte di almeno due rappresentanti delle istituzioni.

12.  La Commissione si può avvalere anche della collaborazione di esperti del settore.

13.  Dura in carica 4 anni, a partire dal 27 novembre 2021.

14.  (*) DELEGA E RAPPRESENTANZA  nei lavori della Commissione di Coordinamento.
Al fine di garantire il massimo livello di rappresentanza degli Enti aderenti, è consentita la partecipazione per delega, a condizione che il delegato  appartenga alla stessa Amministrazione, e che utilizzi non più di due deleghe nel corso della medesima seduta.
Ad ogni ambito territoriale vengono riconosciuti comunque due voti, anche nei casi in cui sia presente solo uno dei due rappresentanti, salvo comunicazioni contrarie da parte del rappresentante assente.

E’ ammessa la votazione per corrispondenza, a condizione che la proposta di delibera sia comunicata con un anticipo di almeno  cinque giorni solari rispetto alla scadenza fissata per la votazione e che sia accompagnata dalle eventuali motivazioni di voto favorevole o contrario, qualora siano state annunciate.

 

8.4 IL PRESIDENTE
1. Il presidente del Protocollo rappresenta gli Enti, Scuole e Comuni, aderenti al Protocollo;
convoca e presiede le sedute della Commissione di Coordinamento e Monitoraggio, anche tramite   delega ai rappresentanti di altri Enti aderenti;
2. Promuove la collaborazione degli altri Enti, anche per la distribuzione di incarichi specifici al fine di curare l’aggiornamento del Registro degli Enti Aderenti,
 la ricezione dei verbali delle sedute degli organi e l’esecuzione delle delibere;
3. Assume decisioni in materia di esecuzione di delibere, anche avvalendosi della collaborazione degli altri Enti.
4. Sente la Giunta Esecutiva ogniqualvolta ritenga opportuno promuovere una decisione collegiale per la soluzione di problemi.

 

8.5 GRUPPI DI MONITORAGGIO A LIVELLO DI AMBITO TERRITORIALE

1. Presso ciascuno degli Ambiti Territoriali di Carate, Desio, Monza, Seregno, Vimercate, è istituito un Gruppo di Monitoraggio a livello di Ambito Territoriale, per esaminare, almeno una volta l’anno, il corretto funzionamento del Protocollo Ali nei Comuni e nelle Scuole del proprio Territorio.

2. Ogni Gruppo di Monitoraggio a livello territoriale è composto dai dirigenti scolastici delle scuole aderenti, aventi sede nell’Ambito Territoriale e dagli operatori dei servizi di tutela appartenenti alla gestione associata dei comuni dell’ambito territoriale.
3. Il coordinamento e la presidenza di ogni gruppo di Monitoraggio spettano al Responsabile dell’Ufficio di Piano, o ad un suo delegato.
4. Il coordinamento dei lavori dei cinque Ambiti Territoriali spetta ad un Responsabile di Ufficio di Piano eletto dai colleghi.

 

 

 

8.6 GIUNTA ESECUTIVA DELLA COMMISSIONE DI COORDINAMENTO E MONITORAGGIO
1. La giunta esecutiva collabora   con il Presidente della Commissione di Coordinamento e Monitoraggio   per offrire un contributo agile e collegiale per la programmazione dei lavori, l’esecuzione delle delibere, la disamina di eventuali problemi.

2. La giunta esecutiva è composta dal Presidente della Commissione e da quattro membri eletti dalla Commissione di Coordinamento tra i suoi componenti: due in rappresentanza delle Scuole, due in rappresentanza dei Comuni.

 

8.7 NORMATIVE NAZIONALI E REGOLAMENTI
1. Le innovazioni di normative nazionali aventi valore di legge sono di diritto immediatamente recepite e rispettate, anche nei casi in cui siano in contrasto con i contenuti del Protocollo Ali.
2. Dato atto che nel presente testo è stata volutamente trascurata la definizione dei regolamenti, quali a titolo, di esempio le procedure connesse con la validità delle sedute, le formalità di convocazione, deliberazione, verbalizzazione degli organi collegiali, l’esecuzione di atti o di altri adempimenti, si applicano, in caso di obiezioni segnalate, i regolamenti vigenti nel Consiglio Provinciale di Monza e Brianza e nel Consiglio Comunale di Monza, al fine di prevenire situazioni di dissenso o contenzioso sulla legittimità delle procedure e nei processi decisionali.

 

 

 
POSTILLA

·         L'Appendice e le schede allegate costituiscono la parte mobile integrante del presente Protocollo, in quanto espongono o citano documenti significativi che, per la loro valenza scientifica, giuridica, culturale o sociale,  agevolano la comprensione delle problematiche trattate. Pertanto sono soggette ad aggiornamenti continui.

·         Ogni Territorio ed Ente può declinare procedure e linee interne e proprie che non contravvengono agli articoli del Protocollo stesso.

·         La scuola capofila conserverà agli atti le dichiarazioni di adesione al presente Protocollo firmate digitalmente dai rappresentanti legali di Enti e Istituzioni Scolastiche.

 

Appendice

 

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha modificato il concetto di salute, definendolo “un completo stato di benessere fisico, psicologico e sociale che coinvolge la globalità dell’individuo e delle sue esperienze”. Tale condizione interessa sei diverse componenti:

 

1.  Fisica

2.  Psicologica

3.  Sociale

4.  Emotiva

5.  Relazionale

6.  Ideologica valoriale

 

In questa nuova ottica un ruolo centrale l’assume la prevenzione, quale momento centrale, di qualsivoglia piano e azione finalizzata a prevenire comportamenti a rischio. Lo studio delle situazioni di rischio non può prescindere dall’analisi dei fattori di rischio e dei fattori di protezione. Con i primi solitamente ci si riferisce a tutti quegli eventi, esperienze che aumentano la probabilità per l’individuo di incorrere in conseguenze negative immediate o future per il proprio sviluppo e per il proprio adattamento psicosociale. Accanto a essi, esistono variabili individuali o ambientali in grado di impedire o mitigare l’azione negativa da essi esercitata: si parla di fattori di protezione. Entrambi possono variare il loro impatto in relazione al sistema di variabili con cui interagiscono e in relazione al momento evolutivo in cui esercitano la loro azione.

Il primo gruppo sociale del bambino è naturalmente la famiglia seguito da vicino, per ordine di importanza, da quello della scuola. Ambedue assumono il ruolo di fattore di protezione. Quando la famiglia per ragioni complesse non può essere garanzia di benessere per i figli e di una crescita armonica possiamo rintracciare situazioni rientranti nel tema del maltrattamento infantile soprattutto alla luce della definizione fornita dall’OMS (2002) per abuso all’infanzia e maltrattamento debbano intendersi tutte le forme di cattiva salute fisica e/o emozionale, abuso sessuale, trascuratezza o negligenza o sfruttamento commerciale o altro che comportano un pregiudizio reale o potenziale per la salute del bambino, per la sua sopravvivenza, per il suo sviluppo o per la sua dignità nell’ambito di una relazione caratterizzata da responsabilità, fiducia o potere”.

Si è consolidata una conoscenza scientifica sugli effetti del maltrattamento in età evolutiva, fino alle ricerche più recenti delle neuroscienze che ne evidenziano le dannose implicazioni a livello neurologico e le alterazioni sullo sviluppo cerebrale (Courtois e Ford, 2009; Felitti et al., 2012).

Ogni evento di natura maltrattante specialmente se sperimentato precocemente e ripetutamente nelle relazioni primarie di cura, cioè con le figure che dovrebbero garantire sicurezza, affidabilità, stabilità, contenimento affettivo ed emotivo, in carenza o assenza di fattori protettivi e di “resilienza” nel bambino, produce trauma psichico/interpersonale, che colpisce e danneggia le principali funzioni dello sviluppo (Malacrea, 2002; Van der Kolk, 2004; Hermann, 2005), provoca una grave deprivazione del potere e del controllo personale, una rilevante distorsione dell’immagine di e del mondo circostante.

Nel 2001 un autore americano, Felitti, ha opportunamente introdotto nel complesso dibattito sulle definizioni di maltrattamenti e abusi all’infanzia la nozione di Esperienze sfavorevoli infantili (ESI) per indicare quell’insieme di situazioni vissute nell’infanzia che si possono definire come “incidenti di percorso” negativi, più o meno cronici rispetto all’ideale percorso evolutivo sul piano sia personale che relazionale. Ha introdotto una classificazione che differenzia la violenza diretta da quella indiretta vissuta

 

in famiglia, condizione che ugualmente provoca danni e conseguenze gravi nel percorso evolutivo dei soggetti di minore età. Esse comprendono tutte le forme di abuso all’infanzia subite in forma diretta, come abuso sessuale, maltrattamento psicologico, fisico, trascuratezza fisica ed emotiva; e le condizioni subite in forma indiretta che rendono l’ambito familiare impredicibile e malsicuro, come per esempio l’alcolismo o la tossicodipendenza dei genitori, le malattie psichiatriche e, soprattutto, la violenza assistita, cioè il coinvolgimento del minore in atti di violenza compiuti su figure di riferimento per lui/lei affettivamente significative.

Classificare le varie forme di maltrattamento all’infanzia (Montecchi, 2002; WHO,2002, 2006; SINPIA, 2007) è utile per orientare i professionisti, ma è opportuno ribadire che il minore è più frequentemente vittima di diverse forme di maltrattamento che provocano quindi una pluri vittimizzazione (Finkelhor, 2006). Il maltrattamento può esprimersi in:

 

1.       Maltrattamento fisico

2.       Maltrattamento psicologico

3.       Violenza assistita

4.       Abuso sessuale

5.       Abuso online grooming

6.       Patologie delle cure (incuria/trascuratezza grave, discuria, ipercura)

7.       Bullismo e cyberbullismo

8.       Reati previsti dal codice rosso.

 

1.       Maltrattamento Fisico

Per maltrattamento fisico s’intende l’uso intenzionale della violenza fisica contro un minorenne che provoca o ha un’alta probabilità di provocare un danno per la salute, la sopravvivenza, lo sviluppo o la dignità, come aggressioni, punizioni corporali o gravi attentati all’integrità fisica, alla vita del bambino/adolescente. “Questo include il colpire, percuotere, prendere a calci, scuotere, mordere, strangolare, scottare, bruciare, avvelenare, soffocare. Gran parte della violenza a danno di minori dentro le mura domestiche viene inflitta con lo scopo di punire” (WHO, 2006) I bambini molto piccoli portatori di disabilità o che necessitano di cure speciali sono più vulnerabili al rischio di maltrattamento fisico, che si presenta spesso associato a isolamento sociale della famiglia, carenza di reti di sostegno, incuria e violenza psicologica. Non sempre il maltrattamento fisico lascia segni evidenti sul corpo del bambino e anche quando questi sono presenti, possono non essere facilmente visibili o immediatamente interpretabili in maniera corretta. Le lesioni possono essere a carico di diversi organi e apparati configurando quadri clinici diversi (fratture, lesioni cutanee, concussione cranica e danni profondi viscerali) e pongono complesse questioni di diagnostica differenziale. Una forma particolare di maltrattamento fisico è la Shaken Baby Syndrome (SBS), cioè lo scuotimento violento del bambino (di età in genere inferiore a 24 mesi) che provoca lesioni gravi. Nel bambino piccolo la gravità delle conseguenze fisiche è favorita dalla testa proporzionalmente di dimensioni maggiori rispetto al resto del corpo e dall’immaturità cerebrale. I bambini perdono conoscenza nelle immediatezze dell’evento, descritto come accidentale dai genitori o tutori, a causa di una sopraggiunta alterazione della perfusione cerebrale di tipo ipossico-ischemico piuttosto che in conseguenza di danno assonale diffuso; entrambe le circostanze possono causare la morte nel minore. Nei casi più gravi il maltrattamento fisico può provocare la morte dei bambini/adolescenti.

 

2.       Maltrattamento psicologico

Per maltrattamento psicologico, si intende una relazione emotiva caratterizzata da ripetute e continue pressioni psicologiche, ricatti affettivi, indifferenza, rifiuto, denigrazione e svalutazione che danneggiano o inibiscono lo sviluppo di competenze cognitivo - emotive fondamentali quali l’intelligenza, l’attenzione, la percezione, la memoria. È una forma molto insidiosa di violenza perché difficilmente rilevabile e può essere associata a altre forme di maltrattamento. Rientra in tale categoria anche il coinvolgimento del figlio minorenne nelle separazioni coniugali altamente conflittuali, che comportano il suo attivo coinvolgimento in strategie volte a denigrare, svalutare, alienare, rifiutare un genitore (Montecchi, 2005). Il maltrattamento psicologico, nel tempo, mina profondamente la struttura di personalità in formazione, il senso di autostima del bambino e dell’adolescente, le sue competenze sociali e, più in generale, la sua rappresentazione del mondo. Rientra in questa categoria l’abuso e trascuratezza emozionale che implicano atteggiamenti trasversali nella relazione genitori figli (Glaser, 2002).

 

3.       Violenza assistita

“Per violenza assistita da minori in ambito familiare si intende il fare esperienza da parte del/della bambino/bambina di qualsiasi forma di maltrattamento, compiuto attraverso atti di violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale ed economica, su figure di riferimento o su altre figure affettivamente significative adulte e minori. Si includono le violenze messe in atto da minori su minori e/o su altri membri della famiglia, gli abbandoni e i maltrattamenti ai danni di animali domestici.

Il bambino può fare esperienza di tali atti:

·         direttamente: quando avvengono nel suo campo percettivo;

·         indirettamente: quando ne è a conoscenza e/o ne percepisce gli effetti” (CISMAI, 2003)

La violenza assistita rappresenta un fattore di rischio altamente predittivo per le altre forme di maltrattamento. Nelle situazioni più gravi, le madri e i figli possono venire uccisi, anche per la tendenza del fenomeno a prefigurarsi come un’escalation in termini di danno prodotto e pericolosità (Bertotti, 2005). È necessario distinguere le situazioni di “conflitto genitoriale” dalle condizioni di violenza di un partner sull’altro (CISMAI, 2005). Le prime riguardano i litigi tra familiari e le separazioni conflittuali, nelle quali possono essere coinvolti i minori. Il conflitto si sviluppa in una situazione di parità tra i partner in termini di possibilità di vittoria, negoziazione, confronto e senza la paura per la propria incolumità. La violenza di un partner sull’altro implica, al contrario, una evidente disparità di potere.

 

4.       Abuso sessuale

Per abuso sessuale s’intende “Il coinvolgimento, intenzionale e interpersonale, di un minore in esperienze sessuali forzate o comunque inappropriate dal punto di vista dello stadio di sviluppo. Tali esperienze possono non comportare violenza esplicita o lesioni; possono avvenire senza contatto fisico e/o essere vissute come osservatori” (Cismai, 2015) A seconda del rapporto esistente tra il bambino e l’abusante, l’abuso sessuale può suddividersi in:

1.       intra-familiare, attuato da membri della famiglia nucleare o allargata;

2.       peri-familiare, attuato da persone conosciute dal minore, comprese quelle a cui è affidato per ragioni di cura/educazione. Queste due forme di abuso sono le più frequenti;

3.       extra-familiare, se l’abusante è una figura estranea all’ambiente familiare e al minore.

L’abuso sessuale è raramente un atto violento che lascia segni fisici. La valutazione medica rappresenta solo un aspetto spesso non dirimente di un complesso percorso diagnostico che deve necessariamente essere multidisciplinare. Di fronte al sospetto di abuso sessuale ricordiamo che in ogni caso la valutazione va fatta in modo esteso e complesso, analizzando almeno tre aree: segni fisici, psicologici, sociali oltre a

 

racconti e affermazioni spontanee della presunta vittima. A fronte della frequente aspecificità sintomatologica sono particolarmente orientativi i comportamenti sessualizzati inadeguati per l’età dello sviluppo, soprattutto se caratterizzati da compulsività e pervasività. Sfruttamento sessuale Una particolare tipologia di abuso sessuale è rappresentata dallo sfruttamento sessuale. È il comportamento di chi percepisce danaro od altre utilità, da parte di singoli o di gruppi criminali organizzati, finalizzati all’esercizio di:

1.       pedopornografia: ogni rappresentazione, con qualunque mezzo, di un minore in attività sessuali specifiche, reali o simulate, o qualunque rappresentazione degli organi sessuali di un minore per scopi principalmente sessuali;

2.       prostituzione minorile: il minore è costretto a compiere atti sessuali in cambio di denaro o altra utilità;

3.       turismo sessuale: si definisce “turista sessuale” colui che al fine di praticare sesso con i minori, organizza periodi di vacanza (o di lavoro) in paesi che, non solo tollerano la prostituzione minorile, ma spesso la propagandano per attirare il turista e incassare così valuta pregiata.

 

5. Abuso “on line”

L’utilizzo abituale da parte dei bambini e dei ragazzi delle nuove tecnologie e di internet in particolare, se da una parte rappresenta un’opportunità di ampliare le possibilità di esperienza e di relazione, dall’altra ha modificato le modalità di comunicare e si è rivelato lo scenario di possibili forme di violenza anche molto gravi come l’abuso sessuale (Wolak, Mitchell&Finkelhor, 2006). Recenti ricerche effettuate hanno messo in evidenza l’estrema diffusione, anche nel nostro paese, dell’utilizzo di internet da parte delle nuove generazioni, e come si stiano diffondendo condizioni che espongono i giovani a reali situazioni di rischio di vittimizzazione sessuale. Per abuso “on line” si intende ogni forma di abuso sessuale su minori perpetrata attraverso internet e la documentazione di immagini, video, registrazioni di attività sessuali esplicite, reali o simulate. Le forme di abuso sessuale online nei confronti di minorenni comprendono:

1.       abuso sessuale off line documentato con video/immagini e diffuso in rete;

2.       adescamento (grooming), si verifica quando l’adulto, con modalità manipolatorie, induce il minorenne a instaurare una relazione istigandolo a compiere atti sessuali online e/o a ottenere un incontro sessuale off line;

3.       cybersex, in cui l’adulto e il minorenne compiono azioni Maltrattamento e Abuso all’infanzia Indicazioni e Raccomandazioni 38 sessuali esclusivamente via web;

4.       sexting, nel quale due o più minorenni producono e si scambiano consensualmente messaggi, immagini o video di tipo sessuale che, se diffusi dagli stessi o da altri minorenni via internet o cellulari, possono essere utilizzati da adulti abusanti.

La rete permette la diffusione delle immagini in un enorme circuito telematico, l’accesso delle immagini dell’abuso da parte di molte persone e la possibilità di scaricarle. Il fatto che la “realtà” dell’abuso si cristallizza nella rete, distorcendo la dimensione temporale dei fatti, unito alle conseguenze della vittimizzazione sessuale in un soggetto in età evolutiva, lo caratterizza come un “trauma pervasivo”: le immagini dell’abuso o dei contatti sessuali in rete amplificano all’infinito gli effetti dell’abuso sulla vittima, l’abuso diventa, così, una realtà fattuale persecutoria ed eterna con cui la vittima deve fare i conti “per sempre” (Soavi, 2012).

 

6. Patologia delle cure

Per patologia delle cure s’intendono quelle condizioni in cui i genitori o le persone legalmente responsabili del bambino/adolescente non provvedono adeguatamente ai suoi bisogni fisici, psichici e affettivi, in rapporto alla fase evolutiva. Comprende:

 

1.       incuria/trascuratezza grave. Per incuria/trascuratezza grave s’intende qualsiasi atto omissivo prodotto da una grave incapacità del genitore nel provvedere ai bisogni del figlio, che comporta un rischio imminente e grave per il bambino, quale abbandono, rifiuto, grave compromissione dello sviluppo fisico, cognitivo, emotivo o altre forme di abuso e violenza, fino al decesso. È spesso non rilevata e scarsamente riconosciuta, frequentemente associata a altre forme di maltrattamento. Tuttora scarsi sono i protocolli e le raccomandazioni prodotte per il contrasto del fenomeno, nonostante sia ormai condiviso e riconosciuto dalla letteratura scientifica che la trascuratezza grave può essere non meno dannosa di altre forme di maltrattamento;

2.       discuria. Si realizza quando le cure vengono fornite in modo distorto, non appropriato o congruo al momento evolutivo, tali da indurre un anacronismo delle cure, l’imposizione di ritmi di acquisizione precoci, aspettative irrazionali, eccessiva iperprotettività;

3.       ipercura. Si realizza quando le cure fisiche sono caratterizzate da una persistente ed eccessiva medicalizzazione da parte di un genitore, generalmente la madre e si distinguono Maltrattamento e Abuso all’infanzia Indicazioni e Raccomandazioni 40 le seguenti forme: “Medical Shopping per procura” è una condizione nella quale uno o entrambi i genitori, molto preoccupati per lo stato di salute del bambino a causa di segni/ sintomi modesti, lo sottopongono a inutili ed eccessivi consulti medici. “ChemicalAbuse” vengono somministrate al bambino dai genitori, di propria iniziativa, sostanze o farmaci che possono essere dannose allo scopo di provocare sintomi che richiamino l’attenzione dei sanitari. “Sindrome di Münchausen per procura (MPS)” un genitore, generalmente la madre, attribuisce al figlio malattie inesistenti, frutto di una convinzione distorta circa la propria salute, poi trasferita sul bambino che tende successivamente a colludere con questo atteggiamento simulando i sintomi di malattie. La diagnosi è spesso difficile e tardiva, complice la frequente incredulità e la involontaria collusione dei medici, ed elevata la mortalità.

 

7. Bullismo e cyberbullismo

Con il termine bullismo si definiscono quei comportamenti offensivi e/o aggressivi che un singolo individuo o più persone mettono in atto, ripetutamente nel corso del tempo, ai danni di una o più persone con lo scopo di esercitare un potere o un dominio sulla vittima (Fonzi, 1997). In questa definizione è implicito il concetto di intenzionalità da parte dell’autore delle offese, vere e proprie forme di abuso che creano disagio e un danno fisico o psicologico nelle vittime. La differenza tra le normali dispute tra bambini o adolescenti e gli atti di bullismo veri e propri consiste nella predeterminazione e nell’intenzionalità che caratterizzano questi ultimi, nella ripetitività nel tempo, nonché nella soddisfazione che gli autori di tali abusi ne traggono, nello squilibrio di potere tra il bullo e la vittima, con l’affermazione della supremazia del bullo sulla vittima (in termini di età, forza fisica, numerosità, ecc.) (Cullingford e Morrison, 1995). Il fenomeno del bullismo è una dinamica essenzialmente di gruppo basata sulla prevaricazione e si evidenzia soprattutto tra compagni nelle prime classi, cioè quando gli allievi non si conoscono ancora e devono trovare un modo per stare bene insieme. Il bullismo come tale non è un’ipotesi di reato prevista nel nostro ordinamento penale ma molto spesso il bullo commette dei reati nei confronti della vittima (esempi: reato di minaccia, estorsione, violenza aggravata, etc.) Sharp e Smith (1994) evidenziano le seguenti forme di bullismo a seconda del tipo e dell’intensità del comportamento aggressivo:

1.       fisiche (botte, spinte, prepotenze fisiche);

2.       verbali (ingiurie, ricatti, intimidazioni, vessazioni, insulti, chiamare con nomi offensivi);

 

3.       indirette (manipolazione sociale che consiste nell’usare gli altri come mezzi piuttosto che attaccare la vittima in prima persona, a esempio i pettegolezzi fastidiosi e offensivi, l'esclusione sistematica di una persona dalla vita di gruppo, etc.).

Le aggressioni fisiche e verbali possono essere considerate forme di bullismo diretto, dal momento che implicano una relazione faccia a faccia tra il bullo e la vittima. L’uso improprio delle nuove tecnologie per colpire intenzionalmente persone indifese è stato definito “cyberbullismo” (cyberbullying nella letteratura anglofona). Esso descrive un atto aggressivo, intenzionale condotto da un individuo o un gruppo usando varie forme di contatto elettronico, ripetuto nel tempo contro una vittima che non può facilmente difendersi (Smith et al., 2008). L’aggressore può agire nell’anonimato e può diffondere le offese attraverso il web raggiungendo un pubblico potenzialmente illimitato.

 

8. Reati previsti dal Codice Rosso

Sulla G.U. del 25 luglio 2019 è stata pubblicata la Legge 19 luglio 2019, n. 69 (recante “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere”) denominata “Codice Rosso”, che avrà vigenza dal 9 agosto. Il testo include incisive disposizioni di diritto penale sostanziale, così come ulteriori di indole processuale. Nel codice penale la legge in questione inserisce ben 4 nuovi reati:

·         il delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso delle persone rappresentate (cd. revenge porn), punito con la reclusione da uno a sei anni e la multa da 5mila a 15mila euro: la pena si applica anche a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video, li diffonde a sua volta per provocare un danno agli interessati. La condotta può essere commessa da chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, diffonde, senza il consenso delle persone interessate, immagini o video sessualmente espliciti, destinati a rimanere privati. La fattispecie è aggravata se i fatti sono commessi nell’ambito di una relazione affettiva, anche cessata, ovvero mediante l’impiego di strumenti informatici;

·         il reato di deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, sanzionato con la reclusione da otto a 14 anni. Quando, per effetto del delitto in questione, si provoca la morte della vittima, la pena è l’ergastolo;

·         il reato di costrizione o induzione al matrimonio, punito con la reclusione da uno a cinque anni. La fattispecie è aggravata quando il reato è commesso a danno di minori e si procede anche quando il fatto è commesso all’estero da o in danno di un cittadino italiano o di uno straniero residente in Italia;

·         violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, sanzionato con la detenzione da sei mesi a tre anni.

 

RILEVAZIONE

La rilevazione costituisce una fase cruciale per la prevenzione, la protezione e la cura. È caratterizzata dal precoce riconoscimento dei segni e individuazione dei segnali di malessere dei minori, le condizioni di rischio reale e potenziale entro cui sono posti, nonché eventuali condotte pregiudizievoli degli adulti di riferimento. L’accuratezza degli elementi raccolti determina in modo significativo la possibile attivazione di un tempestivo intervento di protezione, valutazione, eventuale segnalazione alle AAGG.

La segnalazione all’AA.GG. costituisce un nodo cruciale nel percorso protettivo dei bambini e adolescenti vittime di maltrattamento/abuso nei casi in cui si delinei, come definito dalla Legge, un’ipotesi di rischio/reato. In molti casi i fatti di maltrattamento all’infanzia hanno rilevanza penale e configurano dei reati perseguibili di ufficio. È fatto obbligo allora ai pubblici ufficiali e agli incaricati di pubblico servizio che ne abbiano avuto notizia nell’esercizio delle loro funzioni farne segnalazione senza ritardo e per iscritto al pubblico ministero o a un ufficiale di polizia giudiziaria (art. 331 c.p.p.)

L’OMS (2006) afferma inoltre che per prevenire la violenza è necessario un approccio sistemico interdisciplinare che sviluppi azioni volte a:

·         prevenire il verificarsi della violenza contro i minori (prevenzione primaria);

·         rilevare i casi di violenza e intervenire precocemente (prevenzione secondaria);

·         fornire assistenza continua alle vittime e alle famiglie in cui i maltrattamenti si verificano, anche al fine di prevenire il riproporsi della violenza (prevenzione terziaria).

 

PRINCIPALI REATI PROCEDIBILI D’UFFICIO

 

Delitti “sessuali” (art. 609 bis e seguenti c.p.)

a)       Violenza sessuale commessa nei confronti di minore di anni 18;

b)      violenza commessa dal genitore (anche adottivo) o dal di lui convivente, dal tutore o da persona alla quale il minore sia affidato per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia;

c)       violenza sessuale di gruppo;

d)      corruzione di minorenne (chi compie atti sessuali in presenza di un minore di 14 anni al fine di farlo assistere; chi fa assistere l'infra-quattordicenne a atti sessuali o mostra materiale pornografico al fine di indurlo a compiere o subire atti sessuali);

e)       adescamento di minorenni (chi allo scopo di commettere reati di prostituzione minorile, pornografia minorile, detenzione di materiale pornografico, violenza sessuale, ...adesca un minore infra- sedicenne).

 

Prostituzione minorile* (600 bis)

Punisce chi:

a)       recluta o induce alla prostituzione un minore di 18;

b)      favorisce, sfrutta, gestisce, ...la prostituzione di un minore di 18 anni;

c)       chi compie atti sessuali con un minore tra i 14 e i 18 anni in cambio di corrispettivo di denaro o altra utilità, anche solo promessi.

 

Pornografia minorile materiale pedopornografico* (art. 600 quater c.p.)

Puniscono:

a)       chi utilizzando minori di anni diciotto, realizza esibizioni o spettacoli pornografici ovvero produce materiale pornografico; chi recluta, induce minori di anni diciotto a partecipare a tali esibizioni o ne trae profitto;

 

b)      chi anche con il mezzo telematico, distribuisce, divulga, pubblicizza notizie o informazioni finalizzate all'adescamento o allo sfruttamento sessuale di minori di 18 anni;

c)       chi assiste a esibizioni o spettacoli pornografici in cui sono coinvolti minori di 18 anni; chi consapevolmente si procura, detiene, offre o cede a altri, anche a titolo gratuito il materiale pornografico realizzato utilizzando minori di anni diciotto.

 

Minaccia* (art. 612 c.p)

Se qualcuno viene minacciato in modo grave (p.e. di morte) o con armi.

 

Lesione personale* (art. 582 c.p.)

Punisce chi procura lesione da cui deriva una malattia nel corpo o nella mente con prognosi superiore a 20 giorni o con circostanze aggravanti.

 

Stalking - atti persecutori* (art 612 –bis)

Chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta un minore o una persona con disabilità (art.3 della legge 104/92) in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva, ovvero da costringere lo stesso a alterare le proprie abitudini di vita.

 

Istigazione al suicidio* (art. 580 c.p.)

Chiunque determina altri al suicidio o rafforza l'altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l'esecuzione, è punito, se il suicidio avviene, con la reclusione da cinque a dodici anni. Se il suicidio non avviene, è punito con la reclusione da uno a cinque anni, sempre che dal tentativo di suicidio derivi una lesione personale grave o gravissima.

 

Violenza privata* (art. 610 c.p.)

Se una persona viene costretta con violenza o minaccia a fare, tollerare o omettere qualcosa (ad esempio dover andare con qualcuno, ovvero non poter uscire ecc).

 

Delitti contro l'assistenza familiare (artt. 570 e seg. c.p.)

a)       Violazione degli obblighi di assistenza familiare se commessi nei confronti di minori;

b)      abuso di mezzi di correzione o di disciplina;

c)       maltrattamenti in famiglia o verso i fanciulli.

 

🞸 La maggior parte dei reati sopra citati possono essere commessi anche on-line ovvero attraverso l’utilizzo di dispositivi connessi alla rete. Questa circostanza, che spesso rende più difficile l’individuazione del reato e più facile la sua attuazione da parte dei minori, può essere in alcuni casi una possibile aggravante del reato stesso. In questi casi, non essendoci reati specifici che descrivono questi comportamenti on-line, si deve fare riferimento ai reati sopra elencati. Ad esempio il Cyber- stalking, pur essendo un termine usato comunemente, non è un reato formalizzato nel codice penale e può essere ricondotto a più reati. Lo stesso vale per comportamenti come il Cyberbullismo e il Sexting che non sono descritti da un reato specifico, ma vanno valutati caso per caso in quanto possono includere uno o più dei reati perseguibili d’ufficio sopra elencati.

 

Testi a cura dell’avv. Stefania Crema

 

SCHEMA DI SEGNALAZIONE

 

La segnalazione deve essere inviata alla:

·         Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni

(situazioni di pregiudizio, esercizio disfunzionale della genitorialità, procedimento amministrativo per devianza e in copia per reati procedibili d’ufficio che vedono vittime minori)

 

·         Procura della Repubblica presso il Tribunale Ordinario

(tutti i reati procedibili d’ufficio con vittime minori)

con richiesta di SECRETAZIONE atti.

 

·         Per conoscenza ai Servizi Sociali /Servizi Tutela Minori

 

OGGETTO:    SEGNALAZIONE DI SITUAZIONE DI PREGIUDIZIO DEL MINORE

(non si deve mai indicare l’ipotesi di reato)

 

La segnalazione consiste in una relazione circostanziata su quanto osservato e portato a conoscenza dello scrivente e deve contenere le seguenti informazioni:

 

Dati anagrafici del nucleo familiare del minore (compresi eventuali conviventi) se conosciuti;

 

Minore

Cognome e Nome                                                                                                                                   Data di nascita                                                                  Nazionalità                                                            Residenza                                                                                                                                                Scuola                                                                                                                  Classe                         Padre

Cognome e Nome                                                                                                                                   Data di nascita                                                                  Nazionalità                                                            Residenza                                                                                                                                                Madre

Cognome e Nome                                                                                                                                   Data di nascita                                                                  Nazionalità                                                            Residenza                                                                                                                                                 

 

Fratria


 

 

 

Altri familiari conviventi con il minore:


 

 

 

Descrizione generale della situazione di rischio individuata dagli scriventi (attenersi il più possibile ai fatti, riportando tra virgolette il linguaggio o le frasi utilizzate dal minore, non inserire MAI elementi di giudizio o di valutazione personale dei fatti);


 

 

 

 

 

Descrizione nel dettaglio del/degli episodi ritenuti particolarmente significativi e importanti (breve resoconto di un colloquio, di un tema e/o disegni, di comportamenti "critici" significativi);


 

 

 

 

 

Descrizione degli interventi eventualmente già effettuati a favore del minore

 

Data                                          Tipologia intervento                                                                                                                                         Partecipanti agli interventi                                                                                                                                                                      Elementi significativi correlati all’evento                                                                                                              Interventi specifici di sostegno al minore effettuati                                                                               

 

Eventuali colloqui con i famigliari

 

Presenza/assenza di precedenti momenti di confronto con coppia genitoriale o caregiver

Date                                          Figure presenti _                                                                                    Frequenza                                                                                                                                               Esiti degli incontri                                                                                                                                          

 

NOTA IMPORTANTE

Si ricorda che nei casi di sospetto abuso sessuale intrafamiliare NON va convocata avvisata la famiglia.

 

NOTA

Si consiglia di tenere sempre una copia della relazione e del diario di bordo/degli interventi/dei colloqui.

 

Firme Docenti


 

 

L’accompagnatoria e la trasmissione deve essere firmata dal Dirigente Scolastico

A cura dell’avv. Stefania Crema

 

SCHEDA DI RICHIESTA CONSULENZA

 

Data         /          /         

Minore

Cognome e Nome                                                                                                                                      Data di nascita                                                                  Nazionalità                                                             Residenza                                                                                                                                                Scuola                                                                                                                  Classe                         

 

Padre

Cognome e Nome                                                                                                                                     Residenza                                                                                                     Cell.                                  

 

Madre

Cognome e Nome                                                                                                                                     Residenza                                                                                                     Cell.                                  

 

Fratria


 

 

 

Quadro complessivo del disagio rilevato


 

 

 

 

 

 

Principali elementi di pregiudizio rilevati

Situazione personale dell’alunno

 

-        Area Didattica Cognitiva


 

 

 

 

-        Area Relazionale (con gli adulti e con i pari)


 

 

 

 

-        Area Emotiva


 

 

 

 

-        Area Comportamentale


 

 

 

 

-        Area Fisica


 

 

 

 

Frequenza e partecipazione dell’alunno alla vita scolastica


 

 

 

 

Modalità di rapporto della famiglia nei confronti della scuola


 

 

 

 

 

Firma Insegnati


 


 


 

 

Firma Dirigente Scolastico

 


 

 

A cura dell’avv. Stefania Crema

 

SINTESI RETE SCUOLA SERVIZI

 

 

Data incontro                                                   

 

 

FIGURE PRESENTI

Cognome e Nome

Funzione