Tribunale per i minorenni di Milano. Microcriminalità: babygang e bullismo
Microcriminalità: babygang e bullismo
dalla relazione di RENDICONTAZIONE SOCIALE sull'anno 2018
Il fenomeno delle baby gang, o bande giovanili, ha
avuto e continua ad avere una costante diffusione
nel nostro paese, ed assume connotazioni diverse
nei grandi centri e nei siti urbani di piccola o media
grandezza. Spesso vengono accomunati sotto
questo termine fenomeni molto diversi tra loro,
ovvero anche singoli episodi di violenze criminali
scatenate da gruppi di minorenni (qualificati spesso
“branco” per una similitudine al mondo animale),
con una operazione eminentemente mediatica, che
contribuisce certamente ad aumentare il clamore
ma non aiuta a comprendere la reale portata
del fenomeno.
Nel territorio milanese, si evidenzia che il formarsi
e l’operare di bande criminali ha interessato
principalmente Milano e l’area suburbana di questa
città, ossia i luoghi caratterizzati da una massiccia
immigrazione, dove sono presenti elementi di
vulnerabilità e emarginazione sociale rafforzati dal
gap culturale che affligge gli adolescenti stranieri
specialmente di seconda generazione, scissi tra
la cultura del Paese della famiglia d’origine e quella
del paese – l’Italia – in cui sono nati e cresciuti.
Il fenomeno delle baby gang ha riguardato negli
anni scorsi principalmente gruppi di adolescenti
e giovani adulti stranieri. Solo negli ultimi tempi si
assiste alla presenza di italiani e stranieri in bande
dedite alla commissione di delitti di varia natura.
ATTIVITÀ/INNOVAZIONI PIÙ SIGNIFICATIVE
Le azioni giudiziarie intraprese negli ultimi anni
hanno ridotto l’incidenza e la capillarità di queste
bande: sono stati inflitti duri colpi alla criminalità
minorile sudamericana e il fenomeno oggi esistente
richiama aggregazioni giovanili il più delle volte
estemporanee, senza la struttura e le finalità tipiche
delle bande sudamericane. Negli ultimi mesi il tema
è stato oggetto dell’attenzione mediatica per il
susseguirsi di una serie di provvedimenti:
a) Ordinanza di misura cautelare a carico di 4
minorenni (3 italiani ed un ivoriano) in Varese
nel novembre 2018 accusati di sequestro di
persona e tortura (art. 613 bis c.p.) nei confronti
di altro minorenne.
b) Ordinanza di misure cautelari a carico di 17
minorenni nel gennaio 2019 per vari episodi di
rapine e furti aggravati commessi nel comasco.
c) Ordinanza di misura cautelare a carico di 2
minorenni nel febbraio 2019 per violenza
sessuale di gruppo commessa nel comasco
(insieme a tre maggiorenni, pure sottoposti
a custodia cautelare).
d) Ordinanza di misure cautelari a carico di 9
minorenni, italiani, nel marzo 2019 per vari
episodi di rapine, furti aggravati ed aggressioni
nel territorio di Abbiategrasso.
e) Ordinanza di misure cautelari a carico di 9
minorenni (e 5 maggiorenni) nel marzo 2019
per vari episodi di rapine, furti aggravati
ed aggressioni nel territorio di Milano.
Nonostante il paragone con le bande sudamericane
sia improprio, colpisce l’alto numero di minori
coinvolti in questi episodi – in aumento rispetto
al passato. Colpisce in particolare il caso di azione
giudiziaria con imputazione del reato di tortura,
particolarmente cruento e mai applicato in ambito
minorile prima d’ora (si veda “Sentenza più
significativa”). Il lavoro congiunto tra Procura
e Tribunale ha permesso di gestire le situazioni più
critiche in tempi molto ristretti, ponendo fine a atti
sovversivi e criminali nei confronti delle comunità
di riferimento.
SENTENZA PIÙ SIGNIFICATIVA
Ordinanza del 23 novembre 2018 del GIP
di custodia cautelare in carcere. Primo caso in
Italia in cui si apre un procedimento a carico di
minori (4) imputati per il reato di tortura (art. 613
bis), oltre che per sequestro di persona, rapina
e lesioni personali. In data 3 luglio 2019 è stata
emessa la sentenza di condanna alla pena di 4 anni
e €1.200 di multa, per tre degli imputati; l’altro
(nato nel 2004) sconterà 4 anni e sei mesi, oltre
a €1.500 di multa. I minori sono stati accusati
di aver seviziato un coetaneo nel garage di
un’abitazione a Varese nel novembre 2018.
IL PUNTO DI VISTA DEL PRESIDENTE E DEL PROCURATORE
Il fenomeno delle babygang richiama una degenerazione degli schemi
di aggregazione tipici dell’età evolutiva, caratterizzata da un codice di
appartenenza che consiste nell’assumere comportamenti antisociali,
distruttivi verso le cose, deturpanti verso l’ambiente, umilianti
e prevaricanti verso le persone, specialmente quelle più deboli,
oppositivi ed insofferenti nei confronti dell’Autorità.
Le cause di una tale deriva sono complesse, di natura tanto sociale
che familiare e personale: i minori in questione provengono per
lo più da contesti familiari problematici, caratterizzati dall’assenza
di validi ed adeguati modelli educativi di riferimento, con un percorso
evolutivo contrassegnato da disinvestimento scolastico e condotta
irregolare. Le stesse considerazioni possono svolgersi anche per
analoghe aggregazioni di giovani, alcune delle quali composte da
italiani e stranieri di varia provenienza etnica ma tutti residenti in
Italia dove frequentano la scuola e il gruppo dei pari, condividendone
passatempi ed hobby, ed in qualche caso condotte illecite. Le attività
criminali richiamano moventi e finalità simili a quelli dei gruppi più
strutturati ed organizzati. Il discrimine va ricercato in concreto, nella
volontà dei componenti il gruppo di darsi una struttura stabile,
un programma criminoso aperto, e soprattutto nella capacità di fare
proselitismo, alimentando quindi il ricambio personale. Le attività
di contrasto rimangono le stesse: mettere insieme i vari episodi fin
dall’inizio, e non trattarli singolarmente, ricorrere a mezzi investigativi
adeguati (intercettazioni, acquisizione video delle telecamere
di sorveglianza, ecc.), ricorrere alle misure cautelari per evitare
il dilagare degli episodi, e soprattutto il crearsi di una mitizzazione
del gruppo, oltre che un diffuso timore e preoccupazione nel territorio.
L’attività di prevenzione e ri-educazione resta cruciale per contrastare
il fenomeno, con particolare attenzione a ciò che succede nel mondo
del web. A questo proposito, l’istituzione scolastica è un’agenzia
privilegiata, in ragione della sua idoneità a formare le nuove
generazioni alla cittadinanza digitale e a promuovere un corretto
esercizio di diritti e doveri nello spazio di azione e di espressione
del mondo di Internet. Accanto alle scuole è necessario, però,
restituire alle famiglie il loro ruolo di primaria agenzia educativa.
Spetta ai genitori rafforzare le interazioni personali e orientare
i figli ad un corretto utilizzo delle tecnologie, favorendo anche la
consapevolezza nei ragazzi della rilevanza penale di certe condotte.
Serve una stretta sinergia fra scuole e famiglie e grande attenzione
ad intercettare i primi segnali di disagio, intervenendo il più
tempestivamente possibile.